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ESG è figlio di Aristotele?

ESG è figlio di Aristotele?

ESG è una sigla con la quale, se non abbiamo già iniziato, dovremmo imparare presto a fare i conti, nel senso letterale del termine. ESG è l’acronimo di Environmental, Social and Governance e si riferisce a tre fattori centrali nella misurazione della sostenibilità di una impresa.

ESG è un approccio per valutare la misura in cui una società lavora tenendo conto di obiettivi sociali che vanno oltre lo scopo di massimizzare i profitti per conto degli azionisti della società. Questo approccio deriva dal concetto di ‘Triple Bottom Line’, noto anche come ‘Persone, Pianeta e Profitti’ (PPP), introdotto negli anni ’90 e secondo cui le aziende non dovrebbero concentrarsi solo sulla P di ‘Profitti’, ma su ciascuna delle tre ‘P’ che sono tutte egualmente importanti per la sostenibilità di qualsiasi impresa. Questo concetto si è evoluto nei fattori ESG, che oggi sono il caposaldo dell’Investimento sostenibile e responsabile. I criteri ambientali (environmental) esaminano il modo in cui un’azienda contribuisce alle sfide ambientali (ad esempio, contenimento rifiuti, inquinamento, emissioni di gas a effetto serra, deforestazione e cambiamenti climatici) e le sue performance in tal senso. I criteri sociali (social) analizzano il modo in cui l’impresa tratta le persone (ad esempio, gestione del capitale umano, differenze salariali di genere, pari opportunità, condizioni di lavoro, salute e sicurezza ma la non nocività dei prodotti venduti), mentre i criteri di governance valutano il modo in cui un’azienda è amministrata (ad esempio, remunerazione dei dirigenti, strategia e pratiche fiscali, corruzione e abuso d’ufficio).

In altri termini, il rating ESG incentiva le aziende ad assumere comportamenti virtuosi anche se lo fanno per interesse più che per motivi etici. Qui si sente lo zampino di Aristotele visto che nell’Etica Nicomachea scrive: “Si dice bene, dunque, che dal compiere azioni giuste si genera il giusto, e dal compiere azioni sagge il saggio: a partire dal non compiere tali azioni nessuno mai potrà nemmeno avvicinarsi a diventare saggio.” [1]
In altre parole, per Aristotele si diventa giusti compiendo azioni giuste, non rifugiandosi “nei semplici discorsi, credendo […] che in questo modo ciascuno diventerà una persona eccellente.” [2] L’azione è il modo in cui si impara ciò che è giusto, non disquisendo in teoria su questo. Si può perciò imparare ad essere persone eticamente migliori attraverso l’esercizio.

Quindi ogni incentivo che ci spinga ad allenarci a compiere azioni eticamente corrette ci sta portando sulla strada per diventare persone eticamente migliori.
Tutto bene quindi? Non proprio, è lo stesso Aristotele a metterci in guardia: "le azioni virtuose [sono tali se] colui che agisce lo fa trovandosi in certe condizioni: prima di tutto se agisce consapevolmente, poi se ha compiuto una scelta e l'atto virtuoso è stato scelto per se stesso, in terzo luogo se agisce con una disposizione salda e insieme immutabile.” [3] In altre parole va bene l’allenamento, imitare le azioni dei campioni, ma per essere un vero fuoriclasse va di pari passo sviluppata la consapevolezza del perché si fa quello che si fa. Necessario perciò sviluppare un ecosistema (culturale e sociale) che incoraggi ciascuno a valutare il valore etico delle proprie decisioni, ad agire di conseguenza e trovare la forza e il coraggio di fare le scelte giuste, anche se scomode.


[1] Aristotele, Etica Nicomachea, Libro II, 1105b 10
[2] Ibid.
[3] Ivi, 1105a 30